LE ARMI COMUNI DA SPARO E LE ARMI DA GUERRA, ANNI DI ERRATA INTERPRETAZIONE DA PARTE DEI CORPI DI POLIZIA CON RIFERIMENTO ALLE ARMI CORTE

Molto spesso capita che dei cittadini, muniti di regolare autorizzazione o porto d’armi, acquistino in armeria delle pistole, rassicurati dal fatto che si tratti di armi comuni da sparo, salvo poi, per i casi più disparati, e magari a distanza di anni,  essere denunciati per possesso di arma da guerra.

Questo “inconveniente” nasce sempre più spesso dalla mancanza di conoscenza delle norme in materia di armi da parte di alcuni membri delle forze dell’ordine che mal interpretano l’art. 1 della L 110 del 18 aprile 1975 laddove recita “….sono armi da guerra le armi di ogni specie che, per la loro spiccata potenzialità di offesa, sono o possono essere desinate al moderno armamento delle truppe nazionali od estere per l’impiego bellico…”

Da un’errata lettura di tale disposizione di legge alcuni ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria traggono la conclusione che basti che una determinata arma sia in dotazione alle forze armate per essere automaticamente classificata “arma da guerra”, il tutto senza svolgere alcuna ulteriore indagine  sulle sue reali capacità offensive.

Tale falsa interpretazione crea non pochi inconvenienti al cittadino che si vede spesso denunciato -con sequestro delle armi- ed obbligato a difendersi in sede penale.

A tal fine, è necessario ricordare come la corretta qualifica di un’arma non  debba dipendere da un mero giudizio di possesso riferito al fatto che la stessa equipaggi truppe nazionali od estere, in quanto ben ci potrebbero essere armi non ancora in dotazione a nessuna Forza Armata che però sono da considerare come armi da guerra, e,  per contro, ci potrebbero essere armi da sparo in dotazione a truppe o Forze di Polizia che sono però qualificabili come armi comuni.

Per dare una risposta al quesito di cui sopra è necessario coordinare la L. 110/75 con la  L. 185 / 1990 che regola l’esportazione, l’importazione ed il transito dei materiali di armamento.

Tale legge all’art. 2 fa una elencazione di armi da considerarsi materiale da armamento e ribadisce che il concetto cardine per identificare un’arma da guerra deve essere sempre quello qualitativo in relazione alla potenza e alle caratteristiche costruttive e di progettazione, concetto ribadito dall’art. 1 comma 11 nella parte in cui afferma “sono escluse altresì dalla disciplina della presente legge le armi sportive e da caccia […] nonché le armi corte da sparo purchè non automatiche..”

Pertanto, tutte le armi corte, purchè non automatiche, non rientrano fra i materiali d’armamento e non possono, conseguentemente, essere qualificate come armi da guerra, a prescindere dai corpi che le hanno in dotazione, a meno che  non abbiano caratteristiche progettuali tali (da individuarsi caso per caso anche con  Direttive Ce, prima fra tutte la Direttiva 2009/43/CE) da essere considerate per un uso esclusivamente militare o siano automatiche (discorso a parte deve essere invece fatto sul munizionamento, che però non riguarda l’oggetto della presente).

Una ulteriore conferma viene dall’art. 2 della L. 110/1975 (mai modificato in questo punto) ove alla lettera “g” inserisce fra le armi comuni da sparo le “pistole a funzionamento semiautomatico” , escludendo quindi completamente tale categoria dall’elencazione delle armi da guerra di cui all’art. 1 della stessa legge.

Tali considerazioni , confortate anche da una datata, ma sempre illuminante, sentenza della Corte d’Appello di Trieste (Sez. II n. 1283 del 27/09/1990), devono portare all’ovvia conclusione che l’assioma “dotazione di un’arma a un Ente Armato dello Stato =Arma da Guerra” sia radicalmente errato, nonostante tale lettura sia ancora largamente utilizzata da alcuni appartenenti alle forze dell’ordine che non esitano a denunciare dei cittadini per possesso di arma da guerra, allorchè rilevano che l’arma in questione appartenga alla dotazione di Truppe Nazionali o Estere.

Va inoltre ricordato che le armi comuni da sparo nel territorio nazionale vengono fabbricate con licenza del Questore ai sensi dell’art. 31 del TULPS, mentre per  le armi da guerra la licenza è rilasciata da parte del Ministero dell’Interno ai sensi dell’art. 28 TULPS. Tale distinzione è nuovamente utile per distinguere i vari tipi di arma e  risalire, per le armi fabbricate in Italia, al tipo di autorizzazione con la quale è stata prodotta un’arma.

Vi è poi una questione a parte per le armi corte semiautomatiche camerate per il munizionamento calibro 9X19 parabellum la cui vendita  a privati sarebbe comunque vietata ai sensi del II comma dell’art. 2 L. 110/1975, norma, a parere di chi scrive, incostituzionale (per eccesso di delega) e che potrebbe portare ad una procedura di infrazione per l’Italia di fronte agli organi di giustizia comunitaria. Questa, però, è una questione molto più complessa che merita approfondimenti ben diversi dalle considerazioni svolte in questo articolo.

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